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2008/09/09

Lettere alla regione Emilia-Romagna sulle linee guida (L194)

Ciao a tutte,
gli incontri sulla questione delle linee guida regionali per l'applicazione della L.194 hanno portato al documento che vi incollo qui sotto.
Presto raccoglieremo le firme, vi darò info sulle modalità per aderire al più presto.
Sotto la lettera incollo la lettera di Usciamo dal Silenzio di Ravenna.

**********
All' Assessore Giovanni Bissoni, Regione ER

Alla Presidente del Consiglio Regionale Monica Donini

All'Assessora Anna Maria Dapporto

All'Assessora Paola Manzini

Alla Consigliera di Parità Rosa Amorevole

Alle/ai Consigliere/i della Regione ER

Sono passati 30 anni dall'approvazione della Legge 194 e, nonostante i ripetuti attacchi, due referendum abrogativi, l'utilizzo strategico dell'obiezione di coscienza, liste d'attesa per ritardare l'intervento, le difficoltà della contraccezione, la somministrazione della pillola del giorno dopo non assicurata in ogni presidio sanitario, le preghiere ai cancelli delle cliniche ostetriche, i funerali e cimiteri dei feti, la legge continua a funzionare. Le verifiche annuali hanno dimostrato che è anche una buona legge, che ha portato ad una drastica diminuzione della clandestinità e del numero degli aborti e che le donne, comprese le migranti, che fanno richiesta di IVG, lo fanno consapevolmente e responsabilmente, per propria scelta, indipendentemente dallo stato civile e dal numero di figli, e dalle condizioni socioeconomiche e culturali. Oggi sappiamo che l'attuale attacco alla Legge 194 non si avvale e non si avvarrà di strumenti referendari, ma degli anelli deboli presenti nella legge stessa, primo fra tutti quello che riguarda la prevenzione e la tutela della maternità. Da qui l'attacco all'autodeterminazione femminile attraverso la "rilettura" e la "ridefinizione" della Legge 194.

Come donne, organizzate in reti e associazioni, siamo venute a conoscenza e abbiamo avuto modo di consultare la bozza delle "Linee d'indirizzo per i piani di zona per la salute ed il benessere sociale per una piena applicazione della 194/78" e che sarà discussa il 9 Settembre da una "cabina di regia" regionale.

Abbiamo discusso lungamente tra varie realtà regionali e deciso di scriverLe poiché crediamo di dover prendere parte a questioni che riguardano i nostri corpi e il nostro status di donne e chiediamo di essere ascoltate prima di decisioni definitive.

La bozza suddette è apprezzabile per l'impegno riguardo la contraccezione e per la volontà di mettere ordine rispetto alla giungla di protocolli operativi interni e non, consultoriali e sanitari. Le politiche demografiche di un paese sono centrali non solo per la pianificazione famigliare ma anche per definire i ruoli che donne e uomini hanno nella società.

Siamo un paese a basso tasso di natalità ed è necessario sostenere la maternità con il lavoro servizi e politiche sociali e di sostegno economico.
Purtroppo dobbiamo riconoscerne una debolezza sostanziale che lascia aperte troppe possibilità di sperimentazioni, vedi il caso del Protocollo Forlivese, una fragilità di pensiero che può portare ad un pensiero unico invece che esprimersi nella tanto auspicata pluralità. Preferiamo linee guida che evitino percorsi di creatività svariate ai tavoli dei piani di zona

Esprimiamo perplessità circa le dichiarazioni fatte dall'assessore Bissoni al Sole 24Ore riguardo all'esperienza forlivese, sulla quale, invece noi, diamo un giudizio decisamente negativo. Soltanto un pregiudizio ideologico può ipotizzare di sradicare l'aborto o di migliorarlo come prevede "il protocollo operativo per il miglioramento del percorso IVG" organizzato dalla AUSL di Forlì con l'assessorato alle politiche sociali,la consulta delle famiglie e 23 associazioni di volontariato e privato sociale, che potrebbe rappresentare una di quelle "esperienze in essere" a cui si fa riferimento nelle suddette linee d'indirizzo. Perché come il modello prevede e le linee d'indirizzo ricalcano il ruolo centrale che l'assistente sociale ha, fa sì che la donna e la sua scelta (l'IVG) diventano derubricati a "casi sociali" spostando il baricentro della legge 194 da questione sanitaria a questione sociale.

Se questo fosse, saremmo molto preoccupate!

L'aborto non è una colpa che le donne debbono espiare e/o una debolezza innata nella loro natura.

E' legata all'informazione ma ne è anche indipendente. Tutta la contraccezione non elimina, in 40 anni di fertilità, la casualità di una fecondazione indesiderata.

Non c'è società e non c'è cultura che non abbia al suo interno questa pratica.

E' legata al potere e al desiderio delle donne, ma ne è anche indipendente. Il desiderio di maternità attraversa moltissime donne ma non tutte. L'aborto è uno strumento per dire no ad una maternità indesiderata per le più diverse ragioni: non lo si vuole, la donna non se lo può permettere in termini psicologici, economici o semplicemente di pianificazione familiare.

Pertanto l'aborto e le donne che ne fanno richiesta non debbono essere considerati "casi sociali", a meno di condizioni oggettive: da qui la non centralità dell'assistente sociale.

Non colpevolizziamo le donne con inutili iter complessi prima e dopo l'IVG.

La strada scelta dalle linee d'indirizzo regionali esplicata nell'articolo 4 sulla rimozione delle cause che inducono l'IVG anche in caso di "gravidanza indesiderata", sembra essere la "dissuasione dell'aborto", e perciò una strada di mediazione che ci nega il ruolo centrale per consegnarlo ad un concetto di maternità de-personalizzata.

Noi diciamo no a qualsiasi tipo di revisione della legge 194 che metta in pericolo la salute delle donne e le riporti indietro perdendo quella libertà di scelta e diritto all'autodeterminazione che la legge garantisce. Siamo fermamente contrarie a riportare le donne a quel ruolo tradizionale della famiglia patriarcale che ha significato abusi, violenze, aborto clandestino e morte.

La legge 40 , tutta la discussione sulla Legge 194 s'inseriscono all'interno di queste biopolitiche del corpo che ri-normalizzano l'ordine patriarcale dato.

Le "esperienze in essere" come quella di Forlì nella nostra regione mirano a questo!

Consultori familiari e sussidiarietà

I consultori familiari la cui legge istitutiva 405/75 data più di 30 anni, furono un'invenzione geniale del movimento delle donne, che prefiguravano questi come luoghi deputati alla promozione della loro salute pensata come autodeterminazione ed empowerment femminile sul proprio corpo e sulla propria sessualità all'interno della quale si collocano la prevenzione e la libertà terapeutica, la libertà procreativa, l'alimentazione e gli stili di vita.

Il modello di welfare partecipativo e di integrazione sociosanitaria proposto dalle donne allora come oggi prevede: l'accoglienza di un punto di vista di genere, garantita dalla collaborazione con le associazioni di donne presenti sul territorio e le consigliere di parità e rispettivi assessorati, la presenza di un equipe multidisciplinare, la modalità relazionale e non direttiva con gli/le operatori/trici, l'attenzione alla propria soggettività, nella sua dimensione psicologica storica e sociale.

La debolezza delle linee di indirizzo che abbiamo consultato lasciano al concetto di "sussidiarietà" (titoloV della Costituzione) nella sanità una de-regolarizzazione che può portare ad un trasferimento di competenze sul privato fino a una vera e propria privatizzazione di servizi sociali che dovrebbero rimanere laici e pubblici. Chiediamo perciò che per migliorare l'applicazione della Legge e per supportare la scelta procreativa nel rispetto delle scelte della donna venga istituito una lista regionale delle associazioni o privati sociali disponibili a fornire servizi. Chiediamo perciò trasparenza sulla questione dei privati sociali, che, in una società complessa e plurale come la nostra, non possono essere riducibili e riconducibili allo schema "laici o cattolici". Altre associazioni aconfessionali e multiculturali potrebbero o vorrebbero essere coinvolte!

Chiediamo che il criterio fondamentale per rientrarvi sia la presenza, negli statuti fondativi, della difesa della L.194 e non la lotta a tale legge.

Diciamo quindi no alle associazioni che hanno, nello statuto posizioni antiabortiste e /o che utilizzano la propria competenza per dissuadere dall'aborto le persone in difficoltà e non per offrire l'aiuto partecipe.

Chiediamo che all'interno delle strutture pubbliche sia non solo garantito il servizio dell'IVG e la sua prevenzione ma di renderlo gratuito, più accessibile e fruibile attraverso un'informazione capillare sul territorio a partire dalle scuole.

Chiediamo chiarezza sui finanziamenti necessari al sostegno della maternità , e che questi vengano garantiti soprattutto per quanto riguarda i servizi pubblici(Spazio Giovani, cultura, donne straniere, -anticoncezionali gratuiti ecc).

"Nessuno scambio politico sul corpo delle donne" non è solo uno slogan ma una pratica politica di donne che impedì l'ingresso del SAV nel consultorio di Zola Predosa e che oggi è condivisa

dalla quasi totalità dei movimenti delle donne che in questi anni sono scesi in difesa della Legge194 dalla grande manifestazione di Usciamo dal silenzio ( Milano 14 Gennaio 2006).

Siamo sempre disponibili a continuare il confronto e le pratiche di relazioni con le istituzioni locali, a partire da quelle deputate alle pari opportunità, sui temi che riguardano la laicità delle istituzioni, che rendono disponibili e fruibili le libertà delle donne e che riguardano le politiche del lavoro e dell'occupazione femminile e del welfare, a partire da quei luoghi di promozione della salute e di empowerment femminile che sono i consultori pubblici, da cui l'associazionismo deve rimanere rigorosamente fuori.

Su questi temi chiediamo un incontro con Lei, con la Presidenza del Consiglio Regionale, con assessore e consiglieri/e interessati in presenza delle assessore alle pari opportunità degli enti locali cui la direttiva si rivolge.

RETE DELLE DONNE DI BOLOGNA

USCIAMO DAL SILENZIO DI RAVENNA

194 DONNE DI FAENZA

LAURA PIRETTI( UDI MODENA e COMITATO NAZIONALE DONNE " quando decidiamo noi")



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LETTERA APERTA

All' Assessore Giovanni Bissoni, Regione ER

Alla Presidente del Consiglio Regionale Monica Donini

All'Assessora Anna Maria Dapporto

All'Assessora Paola Manzini

Alla Consigliera di Parità Rosa Amorevole

Alle/ai Consigliere/i della Regione ER

Siamo l'Assemblea di donne "Usciamo dal silenzio" di Ravenna e ci collochiamo all'interno dell'omonimo movimento nazionale nato in seguito all'attacco alla legge 194 nell'autunno 2005. Dopo avere partecipato alla manifestazione nazionale del 14 gennaio 2006 a Milano ci siamo riunite con continuità per cercare di capire se e quanto sono cambiati i Consultori familiari a trent'anni dalla loro istituzione (legge 405 del 29 luglio 1975).

Abbiamo potuto leggere la bozza delle "Linee d'indirizzo per i piani di zona per la salute ed il benessere sociale per una piena applicazione della 194/78" che sarà discussa il 9 settembre 2008 e ci opponiamo a che venga adottato come modello di riferimento regionale il protocollo operativo per il miglioramento del percorso IVG, attualmente vigente a Forlì.

Siamo contrarie al protocollo di Forlì perché non rispetta la Legge 194:

  • quando rinvia la donna, che chiede ai Consultori l'IVG, ad un colloquio gestito da un assistente sociale;
  • quando prevede un'indagine sulle motivazioni della scelta della donna;
  • quando demanda al Privato sociale il compito di informare la donna sull'accesso alle risorse disponibili;
  • quando obbliga la donna ad eseguire un'ecografia per validare l'età gestazionale;
  • quando crea una discriminazione tra le donne che si rivolgono direttamente ai Consultorio e le donne che si rivolgono al loro medico di base o ginecologo privato.

Chiediamo, dunque, che sia garantita l'applicazione della Legge 194 in tutte le sue parti e nel pieno rispetto del principio che la ispira, quello dell'autodeterminazione della donna. Deve essere sempre rispettata la libera scelta della donna, unico soggetto titolare di sovranità sulla propria sessualità e fertilità.

Chiediamo, inoltre, che nella riunione del 9 settembre 2008, la "cabina di regia" regionale non prenda decisioni definitive senza prima aver incontrato le associazioni e i movimenti delle donne.

Riteniamo, infatti, di essere portatrici di saperi ed esperienze importanti che possono contribuire fattivamente alla riflessione sulle modalità operative con cui applicare la Legge 194.

Nel corso di questi ultimi anni, l'Assemblea di donne "Usciamo dal silenzio" di Ravenna si è organizzata per verificare la gestione dei Consultori in questa provincia.

Si è mobilitata quando l'Asl della Provincia di Ravenna ha abbozzato una brochure che informava, in maniera incompleta, sui servizi per la maternità e sulle procedure per l'interruzione di gravidanza. Il percorso dell'interruzione di gravidanza, infatti, era menzionato in una riga soltanto e si taceva sulla varietà dei servizi offerti dai consultori. Sembrava piuttosto un documento che colpevolizzasse, subdolamente, le donne che decidono di ricorrere all'IVG. La brochure era quasi esclusivamente dedicata alla gravidanza di cui si parlava con un tono allarmistico e moraleggiante. Dunque ci è sembrato che questo documento non servisse alle donne che vogliono essere informate sul percorso dell'IVG e, per la banalità dei suoi contenuti, non servisse neanche alle donne in gravidanza che desiderano essere informate sui servizi che i consultori offrono. Inoltre apparivano poco chiari i criteri usati dall'Asl nella scelta delle Associazioni, presenti sul nostro territorio, invitate a partecipare alla stesura di questo documento.

Proseguendo nell'indagine sulla realtà dei Consultori familiari nella provincia di Ravenna, il dato vero è risultato essere il loro continuo peggioramento, un andamento che, ad oggi, compromette la stessa applicazione della Legge 194.

Al riguardo, il primo nodo critico è costituito dalla presenza nei Consultori di un elevato numero di obiettori di coscienza in rapporto al numero dei non obiettori.

Da agosto a dicembre 2006 a Faenza, dove ormai ci sono unicamente medici obiettori, la legge non è stata sostanzialmente applicata e le donne che avevano deciso di sottoporsi all'IVG si sono dovute rivolgere agli ospedali di Brisighella o di Castel Bolognese per la certificazione. Ora l'Asl ha trovato una soluzione per cui le donne non sono costrette a spostarsi da Faenza ma, ad ogni modo, ci pare una risposta precaria ad un problema serio che richiede una riflessione attenta. Recentemente a Ravenna altri due medici sono passati dalla non obiezione all'obiezione.

Inoltre denunciamo che sul territorio provinciale non solo non è garantita una sufficiente presenza di medici non obiettori nei Consultori, ma l'obiezione viene spesso interpretata con l'elastico per cui si incontrano con frequenza medici che obiettano anche alla contraccezione in tutti i suoi aspetti, non fornendo alle donne informazioni o fornendo informazioni errate o parziali, rifiutando di prescrivere contraccettivi, di inserire diaframmi o spirali, di somministrare la pillola del giorno dopo, quando l'unica obiezione prevista dalla legge è quella relativa all'intervento e alle procedure di IVG previste dalla 194.

Oltre a ciò, oggi, per accedere ai servizi dei Consultori le donne devono prenotare l'appuntamento al Cup, come per una qualsiasi altra prestazione medica. Riteniamo che questo cambiamento, solo in apparenza di natura amministrativa, contribuisca a impoverire enormemente il ruolo dei Consultori. Ciò che va perduto è essenzialmente la territorialità del servizio e soprattutto la preziosa funzione della Segreteria del Consultorio che aveva la competenza per indirizzare le donne, in base alle loro esigenze, al percorso più adeguato e più rapido (nel caso dell'IVG i tempi di intervento sono di prioritaria importanza). Il risultato di questo cambiamento è che ora la quasi totalità delle prestazioni dei consultori sono visite ginecologiche e quindi devono sottostare alle tempistiche e alle modalità prestabilite per tutte le altre prestazioni mediche.

Inoltre da gennaio 2007 le prestazioni dei consultori non sono più nominative.

In nome di una presunta ottimizzazione del servizio e dell'abbattimento delle liste d'attesa, le donne non possono più scegliere il medico o avere continuità di cura, con l'unica eccezione del percorso gravidanza. Questa scelta è particolarmente grave perché ancora una volta si riconosce valore esclusivamente alla maternità. Rifiutiamo l'idea che una donna sia riconosciuta come tale solo quando diventa madre.

Un altro nodo critico poi è l'elevata presenza di donne straniere utenti dei Consultori familiari che richiede, per una vera soluzione, non l'istituzione di Consultori separati, come qualcuno propone, ma la presenza stabile di mediatrici linguistico-culturali per facilitare l'accesso alle informazioni e all'utilizzo dei servizi.

Denunciamo poi la perdita del carattere di gratuità dei consultori rispetto ai primi anni della loro istituzione, ciò rappresenta un aggravio ulteriore per le donne che vi si rivolgono e limita fortemente la funzione preventiva del servizio.

I Consultori sono servizi nati con lo scopo di occuparsi della salute delle donne durante tutto il corso della loro vita, dalla contraccezione alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, dall'IVG alla gravidanza, fino alla menopausa.

Intendiamo continuare l'indagine e l'osservazione permanente sulla qualità delle prestazioni dei Consultori e sulla applicazione della 194.

Perciò chiediamo che ai Consultori venga restituita la ricchezza della loro funzione così come prevista dalla legge istitutiva e dai piani sanitari successivi.

In particolare chiediamo che:

- sia attivata per gli appuntamenti un'accoglienza telefonica in ogni Consultorio

- sia restituito valore al ruolo delle ostetriche

- sia ripristinata la possibilità di scelta del medico e la continuità di cura

- si intervenga sul ricorso all'obiezione di coscienza illecito e lasciato al libero arbitrio

- sia ripristinata la gratuità del servizio

- i consultori continuino ad essere luoghi di promozione della salute delle donne e non solo di quella riproduttiva;

per l'applicazione della Legge 194 chiediamo che:
- l'indagine sulle condizioni della donna che sceglie l'IVG riguardi solo la sua salute e non le motivazioni della sua scelta

- sia riservato il compito di informare la donna solo a un ginecologo, un'ostetrica o un'assistente sanitaria

- che qualsiasi convenzione con privati risponda a criteri di selezione tutelativi della libertà di scelta della donna

- che il lavoro in rete con il Privato sociale avvenga fuori dai Consultori e non dentro

Restiamo in attesa di una risposta e siamo disponibili a eventuali incontri per verifiche e confronti.

Ravenna, 8 settembre 2008

L'Assemblea Usciamo dal silenzio di Ravenna

usciamodalsilenzio@yahoo.it

2008/09/05

5 Settembre - alle 17.30 parliamo di L.194

Oggi (scusate il ritardo nella convocazione) si terrà un incontro regionale promosso dalla rete delle donne in difesa della L. 194 presso il centro di documentazione e iniziativa della donne (in S.Cristina) via del piombo n 5 alle ore 17.30.

Durante un'audizione della Commissione delle elette del Comune di Bologna è saltato fuori il Protocollo che il Comune di Forlì ha sottoscritto nel 2004(!) con associazioni del Movimento per la Vita per la prevenzione dell'aborto. Del Protocollo fino a quel momento nessuna era informata poiché lo stesso Comune di Forlì non lo aveva reso disponibile su Internet.
Abbiamo inoltre saputo che l'applicazione del Protocollo ha avuto come risultato 27 rinunce all'aborto su 268 richieste. Sulla base di questo dato l'Assessore Bissoni ha pubblicamente dichiarato la sua intenzione di estendere il modello di Forlì a livello regionale, anche in via sperimentale.
Contemporaneamente il Comune di Rimini sta approntando un Protocollo analogo che, ci dicono, verrà presentato al prossimo meeting di Comunione e Liberazione.
In questo stesso periodo sono in elaborazione presso la Regione le "Linee di indirizzo per i piani di zona per la salute ed il benessere sociale per la piena applicazione della legge 194/78" nelle quali potrebbero essere inseriti tutti quegli strumenti che potrebbero essere ritenuti utili per rimuovere gli ostacoli al proseguimento della gravidanza.
Le "Linee" sono in elaborazione e quindi non sono disponibili al momento sul sito della Regione e sulle reti. Per quello che ne sappiamo i punti critici sarebbero:
- un ruolo centrale agli Enti Locali, con ampia autonomia nella scelta degli interventi, "atti a rimuovere le cause che porterebbero all'interruzione di gravidanza così come previsto dalla 194"
- l'introduzione della figura di assistente sociale che assumerebbe un ruolo centrale nel percorso di scelta della donna;
- il ruolo che, dall'esterno del consultorio, viene attribuito all'associazionismo, che per ora è soltanto quello legato al Movimento per la vita.;

La situazione è molto seria e i tempi stretti.
Siamo state informate che il 9 settembre verranno presentate alle/agli Assessore delle Politiche Sociale e Sanitarie che costituiranno la Cabina di regia prevista dal Piano Sociale e-sanitario regionale. Notate che tutte le figure istituzionali delle pari opportunità (Assessore, Consigliere ecc,) non sono previste nella consultazione.
E' necessario che ci vediamo prima, per organizzare una forte opposizione in difesa dell'autodeterminazione delle donne che non vengono citate né come donne né come persone che si autodeterminano ma solo come fattrice.
È necessario che nel frattempo ci documentiamo e ci scambiamo opinioni, valutazioni e anche ipotesi di contro-proposte, insieme e/o nei propri gruppi di riferimento, nelle istituzioni e fuori delle istituzioni.
Quello che tutte hanno espresso, negli incontri informali e in conversazioni, è la convinzione della necessità di una grande mobilitazione cittadina e insieme alle donne degli altri comuni della Regione per non riportare le nostre ragazze giovani da mammane e cucchiai d' oro

Elena Del Grosso, Fernanda Minuz

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POTETE LEGGERE IL TEMIBILE PROTOCOLLO FORLIVESE QUI


2008/03/12

Obiezione di coscienza...un po' d'ordine...

Di seguito riportiamo l'articolo 9 delle che riguarda l'obiezione di coscienza.
La Legge è naturalmente la L194/78 ovvero...
Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.
Ancora inapplicata in vari articoli: non è stato attivato per effettuare IVG alcun ambulatorio appositamente attrezzato funzionalmente collegato all'ospedale, dopo la settimana di riflessione l'intervento urgente può essere programmato a distanza di 4 settimane, non è stata introdotta in Italia alcuna tecnica innovativa, compreso l'aborto farmacologico. I consultori familiari, preposti alla vengono progressivamente "disattivati" (da 3000 a 2000 dal 1994 ad oggi).

Articolo 9

Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 (gli articoli riguardano le procedure per l’IVG - NdR) ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.


>> E' chiaro alla lettura che questo articolo non viene rispettato da medici, infermieri che obiettano. Perchè se è vero che "l'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento(...) delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento", è altrettanto vero che molt* si rifiutano di:

1) preparare le donne all'intervento e di prendersene cura alla fine dell'intervento. Ci sono casi in cui donne non sono state assistite al termine dell'intervento e si sono viste rifiutare l'aiuto fino all'arrivo del non-obiettore (infermiere o medico).

2) prescrivere la Pillola del giorno dopo (generalmente il farmaco prescritto è il Lavonelle, attenzione a distinguerlo dalla RU486 che è invece un farmaco abortivo commercializzato nel resto d'Europa e che evita l'intervento chirurgico alle donne). Ora, questo è un metodo contraccettivo d'emergenza e perciò non è regolato dalla L.194. L'obiezione riguardo alla prescrizione della pillola del giorno dopo E' ILLEGALE e VA DENUNCIATA alle autorità di competenza (tutte le info su come denunciare qui).

In questo senso hanno agito le compagne del TPO con la loro dimostrazione contro la Farmacia Sant'Antonio , subendo poi ben 17 denunce.

>> Inoltre se è vero che "gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8 e la regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale"
è altrettanto vero che questo non avviene e le regioni non controllano (nella maggior parte dei
casi) o non controllano abbastanza, l'espletamento effettivo della legge!!!


>> Per finire una mappa sulla presenza di obiettori in Italia (gentilmente offerta da Sommosse)





2008/02/24

Petizione per commercializzare la RU486

Ru486 la pillola per l'aborto non chirurgico

Gentile ministro

grazie alla legge del 1978, le donne hanno potuto accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale anche per abortire, superando la clandestinita' a cui fino ad allora erano costrette. La legge, quindi, ha rappresentato una innovazione civica e sanitaria.

Il metodo chirurgico piu' diffuso per la pratica abortiva e' quello dell'aspirazione (noto come Karman, dal medico che lo ha inventato). Ma in questi anni si e' anche diffusa una pratica non chirurgica, farmacologica, basata sul principio attivo della pillola RU486. Milioni di donne ne hanno fatto uso nei Paesi dell'Ue. In Francia e' autorizzata dal 1988, in Gran Bretagna dal 1990 e in Svezia dal 1991. In quasi tutti i Paesi il suo uso e' legale.

I vantaggi dell'aborto farmacologico sono riscontrati in termini sanitari, psicologici ed economici.

Nel primo e nel secondo caso, la semplicita' di un intervento non chirurgico, evita il trauma della sala operatoria.

Nel secondo caso, e' noto che oggi il costo pagato dalla Regione all'ospedale e' mediamente di euro 8-900,00, comprendente degenza e intervento. Invece con la RU486 l'intervento chirurgico sarebbe sostituito dall'assistenza medica, e la degenza sarebbe minima: ne deriverebbe un risparmio economico per il SSN.

Per queste ragioni, signor ministro

LE CHIEDIAMO

di aprire alla commercializzazione della RU486 anche il nostro Paese, invitando le aziende che gia' operano in Europa a presentare le necessarie richieste di autorizzazione

FIRMA LA PETIZIONE!

2008/02/20

Obiettiamo gli Obiettori: la Rete delle donne di Bologna aderisce

Di fronte agli attacchi sempre più pesanti all'autodeterminazione delle donne non si può più rispondere semplicemente invocando la difesa della 194.

Le scellerate dichiarazioni degli antiabortisti in queste ultime settimane rendono ancor più evidente il potere sulla sfera della riproduzione (e, più in generale, su quella della salute) che la classe medica può esercitare, coadiuvata anche dall'articolo 9 della legge 194 che prevede per il personale sanitario la possibilità dell'obiezione di coscienza ­ possibilità contemplata unicamente rispetto all'interruzione di gravidanza: in nessun altro ambito medico né in altra professione vale questa opzione.

Per riaffermare con efficacia il nostro diritto di autodeterminazione dovremmo, quindi, ripartire proprio dal nodo dell'obiezione di coscienza, da questa "opzione", riconosciuta per legge, secondo cui alle scelte e ai problemi di sofferenza delle donne (perché abortire è una scelta sofferta) il personale medico-sanitario può anteporre i suoi "problemi di coscienza", la sua visione della vita ­ in poche parole, in nome della propria "coscienza" può opprimere il soggetto a cui deve assistenza.

Gli effetti di ciò sono sotto gli occhi di tutte: oggi abortire è diventato quasi impossibile e le donne stanno ritornando a pratiche clandestine per l'interruzione di gravidanza; l'arroganza degli obiettori è immensa, e nei reparti il personale che non vuole adeguarsi ai diktat dei primari obiettori ha vita dura; perfino l'accesso alle scuole di specializzazione in ostetricia e ginecologia è sempre più vincolato all'"atto di fede" dell'obiezione di coscienza. Chi si adegua ha una strada privilegiata per far carriera; chi invece non obietta è costretta/o a impiegare la maggior parte del proprio tempo a praticare aborti per sopperire alla scarsità di personale non obiettore. Per non parlare, poi, della cospicua fetta di finanziamenti pubblici destinata agli ospedali cattolici in cui non è riconosciuta la possibilità dell'interruzione di gravidanza.

Se una cattiva legge permette, attraverso l'obiezione, di calpestare i diritti individuali, anche le/i cittadine/i hanno diritto di sapere chi sono coloro che le/i curano e di scegliere da chi farsi curare: che fiducia si può avere in quel/la ginecologo/a che costringe a inutili sofferenze in nome delle proprie convinzioni morali, pensando di aver dei diritti sul corpo dell'altra?

Crediamo sia arrivato il momento non solo di rivendicare dei diritti ma anche di praticarli.

"Obiettiamo gli obiettori" significa che esercitiamo il diritto di scegliere da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra salute. Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai Consultori e dagli Ospedali l'elenco del personale medico-sanitario che pratica l'obiezione di coscienza. Alle donne che intendono difendere e affermare il diritto all'autodeterminazione proponiamo di:

  1. costituirci come soggetti politici che esigono la pubblicizzazione e l'affissione pubblica negli ospedali e nei consultori delle liste del personale sanitario che fa obiezione;
  2. cominciare a raccogliere città per città, ospedale per ospedale, consultorio per consultorio tutte le informazioni che già si hanno, facendo una prima lista dei nominativi che si posseggono
  3. promuovere il boicottaggio in toto di tutti i reparti e di tutte le prestazioni (analisi del sangue, visite, ecc) degli ospedali in cui ci sono più obiettori;
  4. creare un sito dedicato a questo dove raccogliere informazioni.

Sappiamo bene che in nome di "sacri principi" vengono compiuti i più grandi crimini della storia, la violazione dei più elementari diritti umani. Hannah Arendt ci ha insegnato che "Il male appare banale e proprio per questo ancora più terribile: perché i suoi più o meno consapevoli servitori, altro non sono che dei piccoli, grigi burocrati, simili in tutto e per tutto al nostro vicino di casa".

Difendere la nostra autodeterminazione dai "burocrati del male" significa diventare protagoniste nell'esercizio e la difesa dei nostri diritti. Smantellare il sistema che si è creato intorno all'obiezione di coscienza, significa smantellare un sistema che alimenta e legittima gran parte degli attacchi contro l'autodeterminazione dei nostri corpi e delle nostre vite. Sta a noi donne determinare un grande risveglio prendendo coscienza della vastità dell'abuso subito e impedire che si ripeta, rimpadronendoci di un sapere e di pratiche che ci mettano in grado di opporci agli abusi e di chiederne conto.

Collettivo femminista Maistat@zitt@

Per info sulla campagna a Bologna retedonnebologna@women.it


Update: Come denunciare chi non ti prescrive la pillola del giorno dopo

http://osservarosa.blogspot.com/


2008/02/14

Presidi - nelle strade e nella rete!

Da Femminismo a Sud, grazie Enza!!

Oggi 14 febbraio, in solidarietà con la donna di napoli, per difendere il diritto di scelta di ciascuna di noi e contro l'irruzione della polizia fatta a Napoli al Policlinico Federico II - contemporaneamente al presidio che si farà a Napoli alle 17.00 a Piazza Vanvitelli, ce ne sarà un altro sempre alle 17.00 al Sant'Orsola di Bologna in via Massarenti 9, e a Milano la Rete regionale lombarda "194 ragioni" si incontra alle 17.30 in Piazza San Babila e ancora a Milano in Via della Commenda alle 18.00 sotto la Clinica Mangiagalli, a Brescia alle 19.00 davanti gli Spedali Civili (Piazzale Spedali Civili 1), a Roma alle 17.00 davanti al Ministero della Sanità, Lungotevere Ripa 1, a Firenze alle 17.00 davanti alla Prefettura in Via Cavour 1, a Venezia alle ore 15.30 davanti l'ex ospedale G. B. Giustinian, Dorsoduro 1454 (Fondamenta Ognissanti) sede attuale del consultorio, e a Bari alle ore 19.00 davanti alla libreria Laterza in Via Sparano 136, e a Padova ore 18.00 davanti alla Prefettura, e in altre città in luoghi ancora da precisare (aggiornerò il post e l'agenda alla vostra destra via via che arrivano notizie).

Molti i comunicati, tra gli altri quelli di: Udi nazionale; Collettivo femminista Degeneri; Rete delle donne di Bologna; Assemblea delle femministe e lesbiche romane; MaiStat@Zitt@; Giuristi Democratici.

Dai presidi reali a quelli virtuali. In rete è tutto un fiorire di iniziative, pagine, pensieri, simboli, parole in difesa della 194 e/o in solidarietà con la donna di napoli. Provo a tenere traccia di questo bel corteo virtuale e se ci siete anche voi, segnalatelo tra i commenti e così allunghiamo la lista :)

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2008/02/13

Presidio 14/02/2008 ore 17.00 al Sant'Orsola - Difendiamo la libertà di scelta delle donne!

Care,


avrete sicuramente letto la terribile notizia del blitz della polizia al Policlinico di Napoli dovuto, dicono, alla segnalazione anonima di un infanticidio in flagranza (Art. 578 Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale), risoltosi nell'ammissione di un normale aborto terapeutico, dopo lunghi e illegittimi interrogatori e sequestro del materiale biologico espulso (previo riconoscimento della "vittima" da parte della madre).


Chi ci dice che quella telefonata sia mai arrivata? Chi può dire se non fosse invece in atto un'indagine ambientale, se non vi fosse tra le corsie un poliziotto in borghese in attesa di poter punire quei pochi medici che non obiettano all'IVG? Viviamo in questi giorni un accanimento generalizzato (disumano e rabbioso) contro la libertà di scelta delle donne che si sta traducendo sempre più in violenze e ingiurie. In stigmatizzazioni senza senso e ora, addirittura, in un tentato arresto! Questo atto vigliacco risuona nella testa di tutte come un temibile avvertimento: vi puniremo, assassine! Ma noi non siamo assassine e tanto meno abbiamo paura. Siamo soltanto sempre più indignate e pronte a difendere le nostre vite, la nostra dignità di donne libere di scegliere.


E' chiaro come il protocollo firmato dai ginecologi cattolici romani sulla rianimazione del feto sia colpevole di aver creato un clima di criminalizzazione delle donne che vogliono o che sono costrette ad abortire. E' chiaro che la proposta di moratoria sull'aborto di Ferrara ha avuto echi straordinari tra gli integralisti che siedono e siederanno nel nostro parlamento. E' chiaro il servilismo del nostro ceto politico ai diktat vaticani così come pare chiaro che non possiamo accettare una campagna elettorale tutta incentrata su come stigmatizzare i nostri corpi e come limitare la nostra libertà di autodeterminazione.



Le compagne napoletane saranno giovedì 14/02/2008 alle 17.00 in presidio in Piazza Vanvitelli. Le donne in tutta la nazione stanno organizzando presidi in concomitanza con quello napoletano.



A Bologna l'appuntamento è alle 17.00 sotto l'Ospedale Sant'Orsola (Via Massarenti 9), cioè alle porte del reparto di ginecologia con il più alto numero di obiettori di coscienza, ove, insomma, il servizio pubblico non garantisce l'applicazione della Legge 194.

Rete delle donne di Bologna