2007/06/12

Report Assemblea delle Assemblee

Il 9 giugno, da tutto il Paese, le donne si sono incontrate a Bologna. L’Assemblea delle Assemblee, indetta da Usciamo dal Silenzio ed accolta dalla Rete delle donne di Bologna, ha portato a tutte le presenti e, di riflesso, a tutte le Assemblee femminili e femministe cittadine, una grande forza. La forza del confronto e dell’accordo unanime sulla necessità di agire pratiche politiche comuni e risolutive. Quella forza che “mette radici” a partire dall’esperienza e dalle lotte locali e quotidiane, e che cresce guardando in alto, al futuro, e tutto intorno, alle donne. “Fare rete” è la modalità politica che si sta dimostrando sempre più efficace, come ha ricordato Anna Picciolini (Assemblea “Libere tutte” di Firenze) ma che deve necessariamente sapersi trasformare in progetto politico coraggioso e dirompente.

«50&50 in ogni luogo della decisione per la qualità della vita», lo slogan proposto da Bianca Pomeranzi (Casa Internazionale delle donne di Roma). La proposta di legge delle donne dell’Udi, “Norme di Democrazia Paritaria per le Assemblee Elettive”, ha accompagnato come leit motiv 7 ore di discussione. Dalle donne è emerso un ampio accordo riguardo a questa campagna e alla proposta di Lea Melandri per una grande manifestazione nazionale il prossimo autunno. Ma l’accordo sorge da due constatazioni fondamentali: la crisi politica italiana e il problema/opportunità di creare uno spazio politico autonomo delle donne. A partire dalla pratica politica non istituzionale per creare rapporti fecondi con le donne elette. Per creare la “differenza”, perché davvero “parità tra i generi” significhi cambiamento di paradigma e della qualità politica, sia a livello locale che nazionale.

Ma parità significa necessariamente laicità. Questo è ciò che è emerso dai tanti interventi sullo stato della discussione pubblica sui diritti civili, come le unioni civili, ma anche sui diritti riproduttivi, come la fecondazione assistita e sulla condizione dei servizi istituiti dalla Legge 194. La libertà delle donne è minacciata da una politica sempre più confessionale e difensiva. Difensiva di un ordine ri-costituito, che si contrappone con forza all’autodeterminazione delle persone, in ogni sua forma. Dalla legge regionale lombarda che obbliga le donne che abortiscono ad interrogarsi sulla sepoltura del feto, al depotenziamento dei consultori denunciata da Raffaella Radi dell’Assemblea di Ravenna, allo spettro dell’obiezione di coscienza dei medici, alla proposta di legge veneta sulla presenza dei “movimenti per la vita” nei consultori e negli ospedali pubblici. I principi di autonomia e responsabilità personale vengono scavalcati sistematicamente da un’etica paternalista e decisionista. Un’etica e una politica che scelgono come referente prioritario la “famiglia”, in un’accezione anacronistica, già decostruita non tanto dalla Storia, quanto dalle storie private delle tante persone che non la teorizzano, ma la praticano nelle sue differenti forme. Susanna Camusso (Usciamo dal Silenzio di Milano) denuncia la pericolosità di una politica siffatta, che finirà per imprimere indelebilmente le politiche del lavoro e della distribuzione della ricchezza. Un tema, questo, affrontato da diverse donne, come Sandra Schiassi (Rete delle donne di Bologna) che denuncia l’impoverimento delle donne, di quelle famiglie mono-genitoriali che restano fuori dal concetto di famiglia “naturale” cattolico. Un obiettivo pare farsi strada a questo punto: il bilancio di genere, come mezzo per un empowerment di genere, auspicato già dalla conferenza di Pechino del 1995. La povertà delle donne è strettamente connessa con il tema del lavoro, dal primo contratto (di una lunga serie, visto l’andamento della precarietà) alla pensione. Il tema della maternità quindi, non solo dal punto di vista delle bio-politiche, ma come diritto inalienabile e purtroppo mai così incerto e labile come oggi. Mara Nardini del Coordinamento Donne SPI CGIL denuncia l’innalzamento dell’età pensionabile e la realtà delle donne precarie, che sempre più vivono una condizione di negazione delle proprie libertà di scelta.

Le donne in assemblea hanno poi raccontato le iniziative e il lavoro di contrasto alla violenza misogina: il nodo gordiano, la mano minacciosa di una cultura spaventata dalla competenza femminile, ancora intrisa del conflitto tra generi. Una competenza che la cultura mass-mediatica sembra voler cancellare, ma che emerge trasversalmente dalla presenza femminile nell’ambito scientifico e dal lavoro di “cura”, e che lega indissolubilmente nella vita delle donne lo spazio privato con quello pubblico. Anna Nannicini (Usciamo dal silenzio di Milano) invita le donne alla “Conferenza sulla salute delle donne” a fine anno. Tutte le donne, perché lì si possa contare su un’eterogeneità di saperi che superi la formalità scientifica, comprendendola.

A fronte della forte connessione che lega la libertà femminile a tutti i temi affrontati, la proposta d’azione è unanime: visibilità. Lottare di nuovo e ancora di nuovo nelle strade e per le piazze contro l’isolamento e la solitudine. I costanti attacchi alla dignità delle donne e alla loro autonomia devono scontrarsi con le nostre risposte e con le nostre domande. E una domanda significativa è stata posta dalle ragazze della Rete delle donne di Bologna: possiamo accettare che la giustizia reintroduca il “delitto d’onore”? Il giudice che si occupa del femminicidio di Marsciano ha richiesto le analisi del Dna sul feto che la donna uccisa portava in grembo, poiché l’imputato, il marito, avrebbe agito convinto che la figlia non fosse sua. A cosa può servire l’esame del Dna se non a stabilire qualche fantomatica attenuante? Da qui la proposta: manifestiamo insieme per la dignità delle donne e contro la strumentalizzazione della libertà sessuale a movente omicida.

Sfidando il tempo che la vita odierna ruba al pensiero e all’azione politica delle donne, la priorità emersa in assemblea è chiara: riprendere lo spazio pubblico.

La piazza come luogo di lotta, e l’istituzione come spazio privilegiato per l’innovazione politica all’insegna di una democrazia davvero paritaria.

Barbara Mazzotti

1 commento:

Anonimo ha detto...

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