E’ sconvolgente il terremoto emotivo che ha investito la nostra città in questi giorni. Purtroppo nonostante lo sgomento generale emerge solo la punta di una condizione sociale assurda e le convivenze culturali rimangono ancora invisibili agli occhi di tutti quelli che gridano “mostri” e non si assumono le proprie responsabilità.
La cultura che sta emergendo è quella del “consumatore lavorato”, cioè di colui che usa un bene di consumo e lo getta via come se nulla fosse, lasciando sul corpo della donna il marchio di una “lettera scarlatta”, imposto dalla cultura maschile a chi non si omologa e non sa fingere un’ integrazione che non sente e non vive.
Lorena è stata vittima di inaudita violenza fisica e culturale, i suoi baby carnefici le hanno cucito addosso una “lettera scarlatta” da esibire a protezione degli occhi innocenti delle loro fidanzatine. L”altra diversa” che non merita un trattamento umano, che può essere violata, picchiata selvaggiamente e ammazzata è quella che scegliamo e difenderemo anche fra qualche settimana quando i funerali saranno lontani e i carnefici diventeranno bravi ragazzi che hanno sbagliato. Noi UDI contrasteremo questa rimozione e terremo caro il ricordo di Lorena che non ha avuto modo e possibilità di crescere, di trovare la sua strada, i suoi affetti. Sappiamo di doverci assumere la responsabilità della nostra giovane età dentro il luogo politico che abbiamo scelto, far crescere il senso di coscienza critica delle nostre coetanee, far crescere i valori di rispetto e di comprensione per tutte le differenze.
Vogliamo essere capaci di una azione concreta. Da sempre l’UDI combatte il femminicidio: il “50E50” e “ La Lettera Scarlatta ” sono tasselli di una azione politica complessiva che mette sul tappeto il problema irrisolto della rappresentanza politica e della violenza sessauta. A Niscemi daremo vita ad uno sportello che costruisca quotidianamente dialogo fra le donne e azioni contro la violenza, vogliamo ricordare Lorena a nostro modo con una iniziativa politica nelle scuole che guardi negli occhi di chi deve assumersi la responsabilità di mettersi in discussione. Uccidere è reato, ma inspiegabilmente non in guerra, non per difendere la proprietà, ed anche in pace le attenuanti sono tante: una di queste è l'identità sessuale. Donna è poco anche quando vittima, poco grave è l'ultima ingiuria perché provocata, indotta secondaria ad altri problemi più gravi. Stabilità, famiglia e ordine economico valgono più della vita delle donne.
Se è vero che l'equilibrio sociale si fonda in gran parte sul rispetto dei codici di una comunità, quella ospitante e quella ospitata, è anche vero che questi equilibri, dall'una e dall'altra parte, contano sul mantenimento delle gerarchie all'interno delle famiglie e dei gruppi, dove la collocazione subalterna delle donne sedimenta stereotipi violenti.
Ai delitti si rimedia, nel sistema che ci siamo dati o che subiamo, ma il contrasto è un'altra cosa. L'occhio al rimedio, al ripristino degli equilibri lesi delle vittime, è parte del femminicidio. Eliminare la vittima dal contesto della discussione, trasferire quest'ultima lontano dal sangue che rende uguali tutti i delitti, piega il caso al comodo di una politica che ha già, di fatto, reintrodotto il delitto d'onore.
La logica del rimedio è in antitesi col contrasto, è qui che si vede come il rischio corso da chi uccide una donna è così basso da non impedirgli di portare a termine il suo disegno.
Noi chiediamo contrasto e salvaguardia, patti chiari e civili tra generi. E non andiamo mai in ferie. Lasciamo raffreddare i nostri computer e i telefonini, qualche volta, perché quel che facciamo e sappiamo è molto di più di quello che, non solo dalla stampa, si vuole ascoltare. Il caso di Lorena ci rammarica, saremo disposte a dare alla madre tutti gli aiuti possibili.
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