2007/10/04

Libere. Abbiamo detto:

Update: foto dell'iniziativa qui

Libere.
3/10/2007 Parco di Villa Spada

Intervento di Barbara Mazzotti:

Benvenute e benvenuti dalla Rete delle donne di Bologna e da Maschile Plurale.
Siamo ancora qui, ad affermare con forza e passione che la violenza contro le donne è innanzitutto volontà maschile di sopraffazione, è fondante di una cultura che ancora ci considera una proprietà o qualcosa da possedere e da contenere. Ne sono purtroppo testimoni anche quelle donne che negli ultimi giorni sono state violentate o uccise. Siamo ancora qui per essere vicine alle donne che vedono negarsi ogni giorno di più le proprie libertà. E per starci vicine, in uno di quei luoghi che non attraversiamo più se siamo sole e se fa buio. Un parco che è stato luogo di uno stupro. Un parco che è anche un luogo di memoria delle donne, che attesta la grande lotta di liberazione dall’occupazione nazi-fascista. E’ anche per loro che siamo qui, perché non dimentichiamo che una delle culture che più ha influenzato la percezione di un rapporto diseguale tra i generi nel nostro paese è proprio quella fascista. La segregazione della donna in ambiti strumentali è da sempre una pratica diffusa in quelle culture che celebrano la forza maschile e stigmatizzano il “diverso”, e che noi oggi definiamo “maciste”, riconoscendoci almeno il diritto di satira. Noi viviamo ancora in una cultura di questo genere? Noi donne veniamo ancora definite madri, spose o oggetti sessuali, invece che persone? Noi, donne e uomini che siamo qui stasera, crediamo di sì e crediamo che una società, cioè un’associazione di persone con fini comuni, non possa definirsi tale fino a che, appunto, tutte e tutti siano considerate persone e tutte e tutti abbiano almeno il fine della dignità reciproca.

Ma siamo qui soprattutto per dichiarare la nostra libertà. A fronte dell’aumento delle aggressioni per strada e della costanza ineluttabile della sopraffazione dentro le nostre case e nelle famiglie, possiamo dire stasera che non smetteremo di desiderare, di sognare, di guardare negli occhi un uomo. Ma non smetteremo nemmeno di denunciare, di difenderci, di camminare per le vie meno affollate, così come di fermarci a guardare le stelle.
E non smetteremo di lottare affinché questa cultura cambi. Non volgiamo più polizia ma più uomini consapevoli.
Saremo in piazza ancora e ancora, per ogni donna che non riesce a reagire e per quelle che ce la fanno. Ci rivediamo il 25 Novembre, nella giornata internazionale contro la violenza alle donne. Saremo tante e tanti.



Intervento di Danila Comastri Montanari, scrittrice

Viviamo in un paese dove la legge garantisce a ogni cittadino, senza distinzione di sesso, il diritto:

1) di non essere costretto a subire rapporti sessuali forzati da chicchessia, che si tratti di uno sconosciuto/a, come di un amico/a, un fidanzato/a, un marito o una moglie.

2) di non essere costretto a subire rapporti sessuali forzati, quali che siano le sue scelte personali, sia esso/a omosessuale o eterosessuale, abbia fatto voto di castità o coltivi un’intensa vita erotica, sia un monaco/a o un prostituto/a.

3) di interrompere in qualunque momento un rapporto sessuale.

4) di accedere liberamente a qualunque luogo (parchi, strade, bar, locali pubblici, appartamenti privati, posti di lavoro, discoteche, oratori ecc…) senza essere sottoposto/a a rapporti sessuali forzati.

La legge considera reato di stupro qualunque violazione di tale diritto.

C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui nel nostro paese questo sacrosanto diritto veniva riconosciuto soltanto a una metà dei cittadini italiani, quelli di sesso maschile.

C’è stato un tempo in cui ogni processo per stupro era innazitutto un processo alla vittima.

C’è stato un tempo in cui le donne si classificavano in due categorie, le rispettabili (leggi: “mia madre e mia sorella”) e le violentabili, ovvero quelle “che se la vanno a cercare”, perché “l’uomo è cacciatore”, perché “sono provocanti”, perché “portano la minigonna”, perché “non indossano il velo”, perché “in fondo se lo meritano”.

C’è stato un tempo in cui le donne si dividevano in fatine coi capelli turchini e streghe cattive, illibate e disonorate, perbene e malefemmine, sante e puttane.

Quel tempo è finito per sempre, anche se c’è chi vorrebbe farlo tornare. Noi siamo decise ad impedirlo.

1 commento:

Vincenzo ...per quelli di Melchisedek ha detto...

Anche se per motivi di lavoro e di studio universitario non ho potuto prendere parte alla manifestazione organizzata al Parco di Villa Spada, a Bologna, ero mentalmente vicino a tutte le donne che manifestavano il loro diritto ad essere pienamente riconosciute come persone, oltre che come madri o donne, respingendo lo spettro della violenza maschile. Quella purtroppo esiste ed è necessario mettere in pratica alcune difese reali che nessun tribunale al mondo può dare. Si tratta in primis di una difesa psichica e di un atteggiamento mentale che se messo in atto scoraggia le aggressioni. Poi di una difesa che mette in atto alcune abilità nel fronteggiare un coltello o un altro oggetto di minaccia.
Mi rendo disponibile, in qualità anche di rappresentante dei Corpi di Polizia Italiana, a tenere un corso gratuito di difesa personale a Bologna, in una qualsiasi sede da voi organizzata, con almeno 10 incontri: i primi 5 full immersion, in modo da radicarli nel proprio modus operandi di donna, e gli altri 5 molto diluiti nel tempo per dare la possibilità di rifletterci sopra e di sperimentare gli atteggiamenti e le tecniche psicologiche insegnate, oltre a quelle di difesa e offesa fisiche con "armi comuni" (penne, matite, chiavi, ombrelli, borsette, spray). Ci sono infatti tecniche tanto efficaci insegnate già nei tempi medievali per fronteggiare gli attacchi e le minacce da coltello, molto comuni a quell'epoca, di cui oggi si è persa traccia pensando forse che la tutela della legge sia sufficiente garanzia alla integrità psico-fisica della persona, che si adagia sotto lo scudo protettivo della forza pubblica, che pur facendo il massimo, non riesce sempre a prevenire, ma sempre più spesso solo a reprimere ciò che è già accaduto, purtroppo.
Non è questa una critica al sistema sociale e politico in cui oggi viviamo, ma l'amara considerazione dei fatti che risultano anche dai giornali.
In attesa di un vostro riscontro, i più cordiali saluti.

6 ottobre 2007

Vincenzo

mistervincenzo@gmail.com