2007/03/13

LA DERIVA REAZIONARIA..

Riporto il mio intervento, come donna in Rete, all'assemblea Diritti Ora! del 7 Marzo 2007, per affrontare il tema della laicità:


"Ciò da cui vorrei partire è l'argomentazione fredda del diritto, per poi affrontare la questione delle relazioni.

Nel settembre 2003 il Parlamento Europeo approva una risoluzione sui diritti umani in Europa (conosciuta come Rapporto Sylla sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea) nella quale all'interno della sezione dedicata alle discriminazioni per orientamento sessuale: "ribadisce la propria richiesta agli Stati membri di abolire qualsiasi forma di discriminazione - legislativa o de facto - di cui sono ancora vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e all'adozione" e "raccomanda agli Stati membri di riconoscere, in generale, i rapporti non coniugali fra persone sia di sesso diverso che dello stesso sesso, conferendo gli stessi diritti riconosciuti ai rapporti coniugali, oltretutto adottando le disposizioni necessarie per consentire alle coppie di esercitare il diritto alla libera circolazione nell'Unione".

I paesi che non hanno recepito da allora questa richiesta incontestabile sono Albania, Bulgaria, Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Cipro, Estonia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Macedonia, Moldavia, Monaco, Montenegro, Polonia, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Slovacchia, Turchia, Ucraina.

Non inserisco nell'elenco lo Stato Vaticano, che come sappiamo, riconosce al suo interno un solo tipo di unione, non civile, ma religiosa e spirituale, cioè l'unione tra sacerdote e Dio. A parte la pretenziosità, di certo sappiamo che questo stato è tra i pochi che non si fonda su quella che il Vaticano stesso definisce "naturale" unione di uomo e donna e sulla genitorialità eterosessuale e che vuole imporre tale fondazione agli altri paesi sovrani.

Sappiamo quanto il concetto di natura sia da sempre stato usato per negare culturalmente la realtà di fatto, e sappiamo quanto questo sia un contro-senso in termini. D'altronde sappiamo quanto l'opposizione matrimonio – da mater- e patrimonio – da pater- sia stata da sempre un'imposizione di ruoli ben definiti all'interno dei rapporti privati e sociali, a discapito di uno dei due soggetti messi in gioco, mi riferisco alle donne che per secoli hanno lottato per ottenere i diritti di divorziare, di lavorare, di conseguire un patrimonio, appunto, linguisticamente e simbolicamente lontano dalla coniugazione al femminile.

Io conosco una sola esperienza davvero naturale, per la nostra specie in particolare, e cioè la nostra fragilità (umana troppo umana) che comporta la necessità delle relazioni. Le persone non esistono da sole, come soggetti astratti, tant'è che la formula di "diritto e dovere" di cittadinanza, si riferisce intrinsecamente alla regolamentazione delle relazioni. Intendo che non esiste in nessuna legislazione una definizione sostanziale di cosa si debba essere per essere definiti persona, per quanto la cultura-natura più obsoleta e reazionaria si arroghi il diritto di farlo.

In particolare però, e qui sta il problema, nella cultura cattolica e nei suoi derivati, un tipo di relazione è particolarmente importante e quindi difesa allo strenuo: quella di coppia. La coppia eterosessuale che fa figli, e intendo che deve farne: ci sono proposte di legge negli stati uniti che vorrebbero invalidare il matrimonio eterosessuale dopo tre anni se non ha prodotto prole.

Ecco, per la cultura dominante nella coppia la persona, con tutte le sue relazioni e le sue molteplici identità non esiste più, non esistono le sue scelte, i suoi desideri, diventa per la cultura cattolica la forma di relazione più totalizzante, suggellata dall'istituto matrimoniale.

Per questo i movimenti femministi hanno da sempre avversato questa formulazione.

Stare in coppia è la scelta di due individui e stare in coppia oggi, in una società che ci rende tutte precarie, che aliena in una prospettiva capitalistica e di consumo le singole, comporta e deve comportare una certa "sicurezza", un riconoscimento giuridico della relazione affettiva aldilà della formulazione genitoriale, anch'essa ripensabile, a fronte delle innovazioni tecnologiche e diritti acquisiti come l'aborto.

Ad oggi che può fare e che non può fare una coppia? La scelta della singola persona quanto conta?

Una coppia eterosessuale può sposarsi e conseguire una serie di diritti e doveri, e, per eterosessuale, paradossalmente, lo è pure se formata, ad esempio, da un uomo e da una donna transgender operata, una coppia, quindi, che non può avere figli, ma più simile a quel concetto di normalità proprio della cultura cattolica, quella che per essere certa ti guarda fin sotto la gonna. E da qui si intende tutto il boicottaggio burocratico al cambio di nome sui documenti, e si intende anche quanto l'omofobia, la lesbofobia e la transfobia siano cieche e inadeguate all'intelletto umano. Se un intelletto c'è.

Le coppie omosessuali ad oggi non possono essere coppie per il legislatore, anche se per tutte è un'ovvietà che coppia sia qualsiasi legame affettivo tra due persone. Potranno forse dirsi con i DICO. Si diranno le coppie omosessuali e cinque studenti che convivono allo stesso modo. A me non pare un riconoscimento adeguato degli affetti dei nostri cittadini e cittadine. Si diranno le coppie eterosessuali che non scelgono il matrimonio, nello stesso modo in cui mia madre e mia nonna potrebbero dichiarare la loro convivenza. Lungi da me non apprezzare lo sforzo del legislatore di prendere atto della realtà delle relazioni sociali, delle strategie di sopravvivenza delle persone che vivono esistenze precarie, anzi apprezzo lo sforzo che una classe dirigente gerontocratica, con tutti i limiti che l'anzianità comporta a comprendere la contemporaneità, ha fatto per capire la fluidità e le differenze implicite della società delle persone. Ma l'unione affettiva, la convivenza di due persone che si amano è un'altra cosa, e va riconosciuta come tale, indipendentemente dall'orientamento sessuale.

Di certo la formula migliore non è una raccomandata con ricevuta di ritorno, che, siccome serve a riconoscere la convivenza, una se la manda a casa sua e riceve la ricevuta di ritorno a casa sua. E' davvero ridicolo. Di certo i diritti di successione, di reversibilità della pensione devono essere immediati e non dopo nove anni, soprattutto appurato che la durata media dei matrimoni tradizionali in Italia è minore! E appurato che un Giornalista nella coppia di fatto può usufruire della Cassa mutua sanitaria in uso per la categoria professionale; un Onorevole usufruisce dello stesso diritto dei giornalisti, ma in più può trasmettere la pensione di reversibilità al partner sopravvissuto. Inoltre, le coppie non sposate di parlamentari, hanno anche il diritto all'adozione di minori (ne usufruirono già Palmiro Togliatti e Nilde Jotti, che adottarono una bambina).

Di certo si comprende come nel concetto di coppia, per il legislatore, permanga l'idea del matrimonio-natura, l'idea della naturalità della coppia eterosessuale, che però non vede riconoscersi i diritti quando è una coppia di fatto come nel resto d'Europa, per la paura tutta cattolica, tutta fondamentalista, delle coppie omosessuali, perché la verità è questa. Ed è per questo che il matrimonio civile, quindi fuori dalla pomposità gotica degli edifici religiosi, che, vorrei ricordare, non pagano l'ICI, non è conseguibile da due persone dello stesso sesso.

Qui, e concludo, si delineano tre problemi che con i DICO restano totalmente irrisolti:

  1. il diritto regola i rapporti tra persone, ma nel caso dell'unione affettiva non si riconosce come persona chiunque abbia un orientamento sessuale diverso dall'eterosessualità.
  2. La coppia di fatto, la relazione affettiva di due persone al di fuori dall'istituto matrimoniale civile, non è riconosciuta come tale, ma come casualità che porta due o più persone a vivere sotto lo stesso tetto. E qui ripeto: è giusto che anche questa forma di convivenza venga riconosciuta, ma siamo ben lontani dalla formulazione di altri paesi europei più civili, più laici e dal rapporto Sylla dell’UE.
  3. Il matrimonio civile resta l'altra faccia di quello religioso, per tutte e tutti, atei, non battezzati e praticanti di altre religioni, resta lo specchio di una visione tutta teorica e fuorviante della realtà dell'amore umano, che sceglie come valido solo l'amore riconosciuto dalla chiesa cattolica, quello eterosessuale. E con il movimento femminista e lgbtq rivendico la possibilità di contrarre il matrimonio civile per tutte le persone.

Finchè non si vorrà comprendere quanto diversa e fluida sia la vita rispetto alle formulazioni giuridiche e religiose, sarà difficile vedere riconosciuti i diritti di relazione affettiva di quell'animale sociale che vuole evolversi a persona sociale, che è l'essere umano di fatto, aldilà di ogni imposizione e interpretazione totalitaria della sua identità. Questo è il nostro cammino."

Pubblico questo intervento sul blog, perché la cultura italiana, per come giornalisti e politici, due categorie ben definite, la definiscono nelle loro parole, sta attraversando un periodo davvero reazionario e incivile. Il post successivo tratta della proposta di legge contro le violenze alla donna e alla famiglia. Inoltre gli attacchi alla RU486 e alla fecondazione assistita non cessano.

Che succede?

Una classe politica intera in connivenza con le gerarchie ecclesiastiche sta cercando di toglierci, per dirla in modo cristiano, il libero arbitrio.

Nel caso dei DICO, provvedimento oltretutto insufficiente, si nega la responsabilità di scelta alle singole persone, si negano diritti fondamentali alle persone per il loro orientamento sessuale o per la scelta di convivere al di fuori del matrimonio. Questa è inciviltà. Si tratta di diritti umani ai quali i fondamentalisti oppongono i diritti della famiglia, dimenticando che la famiglia è composta da persone e non può accadere che nel momento in cui ci si sposa si perdano diritti fondamentali. La famiglia: la violenza contro una donna o un bambino, è una violenza contro la famiglia? Ma a che grado di astrazione stiamo arrivando? E, nel caso dell’aborto e della fecondazione assistita, l’organismo che cresce grazie, dentro e con la donna incinta è suo, fa parte di lei, è imprescindibile da lei, oppure è di Dio innanzitutto e poi di tutta l’umanità? Chi deve scegliere per ciò che cresce con lei? La chiesa, lo stato? Oppure ogni donna è responsabile per se stessa?

Io so quali sono le risposte a questi interrogativi, so che sono domande che da almeno 30 anni, senza volere andare oltre, si pongono ad uno stato che troppe volte dimentica la sua intrinseca e necessaria laicità.

Forse è il momento di porle di nuovo, con forza.

Barbara

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